Come è facile notare dal titolo, di questo articolo, ho scelto di non inserire in esso la parola “recensione”. Non credo sia possibile recensire davvero un classico, sfilettarlo e saper comprendere tutto ciò che ha da dirci. Eppure la letteratura di Dostoevskij è infinita, sembra poter dire sempre qualcosa.
Ho letto diversi libri dell’autore, purtroppo ho lasciato i fratelli Karamazov per ultimo perché avevo un po’ di timore di trovarmi di fronte a un libro troppo complesso. In realtà, non è un romanzo semplice. Leggere i fratelli Karamazov significa impegnarsi a leggere tanto e bene ed in un momento storico come il nostro, l’angoscia mi ha impedito di leggerlo con costanza. Sono riuscita solo ieri a terminarlo, avendo dedicato tutta la scorsa settimana a leggerlo.
La storia
Il romanzo famigliare racconta le vicende di un padre immorale, libertino, malvagio e poco avvezzo alla genitorialità. I figli: Alesa(Aleksej), Ivan, Pavel Smerdjakov, Dimitrij (Mita) sono tutti completamente diversi tra loro e non godono di stima nei confronti del padre. Ivan è un giovane poeta, ama comparare la vita alla letteratura infatti sono presenti diverse comparazioni con grandi autori come Schiller o Shakespeare. E’ una figura controversa che si trova spesso in disaccordo con il fratello Mita. Dimitrij è un materialista, vorrebbe accaparrarsi dei soldi per conquistare l’amore di Grusenka. Su Grusenka vale la pena spendere qualche parola in più; si tratta di un personaggio calcolatore, freddo, distaccato e a-morale rispetto alla descrizione di donna designata nel tempo di vita dell’autore. Ma Grusenka non è una donna calcolatrice per scopi materiali, piuttosto nutre del risentimento per vicende amorose passate finite male.
I personaggi
Ella riesce a mettere contro anche i fratelli e si destreggia tra serate di alcol e giochi d’azzardo. Pavel Smedrjakov nasce da una donna libertina, ultimo figlio di un padre squallido è spesso bistrattato ed è l’unico a vivere la condizione piccolo-borghese. Infine c’è uno dei personaggi che ho amato di più, Alesa, che vuole dedicare la sua vita alla religione. Passa spesso le giornate ad apprendere, a donare purezza alla sua famiglia, e segue gli insegnamenti dello Starec. E’ l’unico che conosce la compassione, sa perdonare e offre dei punti di vista non deleteri per gli altri. Anche Ivan è un uomo molto intelligente e riflessivo, ma possiede un’introspezione molto più cupa.
Anche in questo capolavoro Dostoevskij intende parlare di spiritualità e beni materiali. Nell’esempio che descrivevo, prima, su Shakespeare l’autore descrive la figura di Otello come un uomo che è stato indotto a pensar male dell’umanità, quindi del tradimento. Non ritengo di poter affermare nulla, eppure sono convinta che Dostoevskij cercasse in qualche modo di descrivere l’uomo come un essere fortemente vulnerabile che si confronta con volontà umane – passionali e poco virtuose- ed altre profondamente legate alla spiritualità e all’apprensione. Alesa guarda oltre l’ovvio e il fattuale; offre il suo amore e la compassione ad un ragazza poco abile e riesce sempre a trovare uno spiraglio nelle anime di ciascuno. La letteratura moderna considera Dostoevskij un grande della sua epoca ed è difficile pensare il contrario.
Un’ultima nota va regalata a Katerina Ivanova, fidanzata di Dimitrij. E’ un personaggio ben articolato, rivale di Grusenka per differenze inconciliabili, ma non è esattamente il personaggio femminile di cui ci si innamora.