Il corteo dell’acqua di Yoshimura Akira è il titolo che ho scelto di recensire oggi. Il mio interesse nasce dalle tematiche trattate dall’autore e dalla sua personale impostazione. Yoshimura è uno scrittore giapponese moderno che si è interessato a diversi generi lungo la sua prolifica carriera, membro di una delle più prestigiose associazioni per scrittori. E’ un autore apprezzato perché oltre alla fantasia e alla prosa ben curata, si avvale di dati raccolti e precisi. Un etnografo letterario, insomma. Considerato un autore della letteratura di genere documentario kirokubungaku.
Titolo: Il corteo dell’acqua
Autore: Yoshimura Akira (curato da Maria Cristina Gasperini)
Editore: Atmosphere libri (Asiasphere)
Prezzo: 16,50 euro
Sinossi: Alte, sperdute montagne scoperte per caso da un bombardiere precipitato durante la guerra. Qui, si progetta un grande cantiere per costruire la diga che trasformerà tutto in un enorme lago che inghiottirà il villaggio in fondo alla valle. Il villaggio, così coeso da renderne indistinti gli abitanti tranne pochi, come la ragazza suicida per vergogna e il ragazzino tra i boschi, rinuncerà alle case dai tetti di muschio in cambio di un profumato indennizzo? A raccontare la storia è un operaio dal passato pesante che riaffiora puntuale allo scontro con il composto “branco” degli abitanti del villaggio, autarchico e dotato di leggi e riti propri. Ossa, nebbia, sentieri impervi, la sorgente calda, i boschi, il tempio, il cimitero e l’immensa, mutevole distesa del cielo. Tutto fluttua, tutto emerge e riaffonda, in una spasmodica ricerca di redenzione, tra presente e passato, eros e thanatos, il gruppo e l’io, la vita e la morte.
Il corteo dell’acqua di Yoshimura Akira
Il corteo dell’acqua racchiude tre racconti ben distinti che hanno, a loro volta, tre titoli esplicativi: il primo è omonimo al nome dell’opera, segue La ferrovia sulla schiena e La fila. Nel primo romanzo il protagonista, ambiguo, si ritrova insieme a un gruppo di carpentieri ad abbattere alberi e biodiversità al fine di costruire una diga. In quello stesso luogo, maestoso e corale, vivono gli abitanti di un villaggio differente rispetto alla realtà globale che vivono gli operai. Il protagonista sembra riflettere molto su quanto visto, su come l’opera dell’uomo per costruire la diga incida sulla quotidianità degli abitanti del villaggio. Si nota immediatamente l’attaccamento a una fonte di dati certi, Yoshimura cita un gruppo di spedizione inviato per studiare il villaggio e le forme di vita. Ma è lo stesso protagonista a capire a pieno l’andamento; sappiamo che l’io narrante ha commesso delle colpe in passato, le smacchia attraverso delle azioni ben precise ma se vogliamo simboliche.
C’è un rapporto costante con la morte e la vita, con le colpe. Una donna si toglie la vita per la vergogna del tradimento e rimane, in bella vista, come “purificatrice” del villaggio. Un elemento antico di vita e morte, costernato dalla sofferenza ma necessario per purificare la colpa. L’atto del seppellimento, da parte del protagonista, rappresenta la volontà di superare la stasi. Quel limbo quasi mortale che lo sta risucchiando. L’insegnamento che questo primo racconto ci fornisce è caratterizzante: un villaggio coeso si sposta verso l’inoltrato, verso il profondo. Non riemergono, non si amalgamano. La montagna è un elemento naturale così potente da non destabilizzare il rapporto fra l’uomo e la natura. E l’esperienza con il villaggio certamente cambia la percezione di tutti.
Un altro particolare elemento simbolico che mi ha colpito è la conservazione di un ossicino, associata a una figura umana, che viene descritta nel racconto. Lì si snocciola la questione fra vita e morte, attraverso una rappresentazione visiva molto vivida.
La ferrovia sulla schiena e La fila
Nel secondo racconto, La ferrovia sulla schiena, si incontra ancora una volta la morte, descritta attraverso il ritorno dalla guerra e un pesce squamoso che viene ridotto a pezzetti. Il parto, che per antonomasia rappresenta la vita, è descritto quasi in modo efficacemente macabro.
Nel terzo racconto, la fila, colpisce l’incontro della morte esperito dagli occhi di un bambino. Dopo aver visto un cadavere non è stato in grado di elaborare una spiegazione e si è reso conto della volatilità dell’esistenza. E’ un racconto che colpisce, perché ci rende nudi di fronte a certezze date ma che, se non vissute e elaborate, inducono al trauma. Il 2020 è stato l’anno dell’esperienza di morte, purtroppo. Credo che leggere Il corteo dell’acqua restituisca un incontro con l’instabilità della vita, rendendo uniche alcune cose importanti che abbiamo.
Voto:
Il corteo dell’acqua è stato gentilmente inviato dalla casa editrice Atmosphere. Ciò non influisce né influenza il mio giudizio sull’opera che leggo. Ringrazio sentitamente l’ufficio stampa e tutto il gruppo di lavoro, per la possiblità di leggere questo romanzo che mi ha letteralmente rapita!