Femminismo interrotto di Lola Olufemi è la lettura che consiglio oggi edita Giulio Perrone Editore. Un punto di vista inedito sui femminismi, una riflessione pungente, ma attenta sulle dinamiche che si celano attorno alle varie forme di femminismo che sono riemerse o si sono formate.
Il seguente saggio mi è stato gentilmente accordato dalla casa editrice, che ringrazio, ma non inciderà sul mio giudizio né influenzerà questa recensione (giftedby).
Titolo: Femminismo interrotto
Autrice: Lola Olufemi
Editore: Giulio Perrone Editore
Prezzo: 15,20 euro
Sinossi: Slogan per magliette, borse e adesivi, grido di battaglia cantato per le strade, la parola “femminismo” è diventata mainstream. Essere femministi, oggi, fa tendenza. Lola Olufemi traccia il confine tra femminismo e consumismo, dimostra che il femminismo non è una merce da acquistare, ma un’arma per combattere l’ingiustizia. Indaga la violenza contro le donne, la giustizia riproduttiva, la trans-misoginia, l’industria del sesso, l’islamofobia, il consenso, il #MeToo, la situazione nelle prigioni. Interroga lo Stato, il suo ruolo, quella coltre di fumo con cui ci obnubila la mente. Femminismo interrotto è una disamina sul potere. Esplora le parole, i tweet, gli articoli, perché a volte è una questione di vocabolario e ce ne occorre uno più completo. È anche un libro sull’illusione: solo perché alcune di noi si sentono libere non significa che lo siamo davvero.
Femminismo interrotto di Lola Olufemi
Olufemi mi ha incuriosita fin da subito. Studiando i movimenti sociali e politici, soprattutto femministi, negli Sati Uniti d’America ho avuto un confronto diretto con i miei interessi. Mi ritengo una forte lettrice di Angela Davis, ma ho avuto modo di studiare anche alcuni dei movimenti che si affermarono nel Massachusetts all’inizio del novecento. L’autrice pone una questione fin da subito importante: non tutti i femminismi vogliono dire o provare a risolvere qualcosa. Alcuni femminismi, come si vedrà più avanti con i movimenti contro i trans, hanno escluso e non incluso. E’ difficile poter intersecare tutto, spesso anche l’intersezionalità che nasce a tal scopo fallisce miseramente, lasciando fuori qualcuno. Le donne di colore sono sempre state escluse dal femminismo classico, eppure qualche tempo fa si è riproposta l’urgenza di valutare questa condizione. Per essere più concisi: non tutte le condizioni vengono capite, anche se sono le stesse donne a parlarne. Vi è un’enorme differenza tra una donna bianca discriminata e altre donne appartenenti a ulteriori minoranze. Partire da una generalizzazione troppo ampia significherebbe fallire nello sguardo analitico.
I movimenti necessitano di linfa, ed è un punto in cui non ho percepito vicinanza con il discorso dell’autrice. E’ vero che non sempre una teoria o un sapere, spesso accademico, riescano a fornire l’humus o la linfa per i movimenti sociali. Ma l’accademia, le università, il processo formativa, sono state le risultanti necessarie per indurre a comprendere la propria oppressione. Certo, bisogna tenere presente il contesto storico. Per poi ri-concordare che la condizione femminista non è innata, né data, ma va ricostruita. Bisogna quindi creare una cultura dal basso che permetta di capire le criticità e amalgamarle con quella linfa necessaria per creare dei movimenti. Non tutti i femminismi sono stati in grado di muoversi, l’esempio queer è fra i più calzanti.
Il femminismo nero ha saputo rovesciare la tendenza dell’esclusione. Esso nasce in piccole comunità, spesso disgregate, Olufemi racconta un episodio molto interessante: spesso i testi vengono divulgati in piccole librerie con materiali inediti e costruttivi. Al contrario del femminismo che si confronta con il neoliberismo e spesso perde l’efficacia evitando di puntare il dito contro ciò che deteriora.
L’autrice riflette anche sulla miopia che si è creata attorno alla condizione delle donne musulmane, i salari delle donne, la casa e il cibo. Si parla di aborto, di sesso biologico e di tutte le problematiche del nostro tempo. Cito un passaggio molto bello che ho condiviso durante la lettura:
La solidarietà non si fonda su una visione limitata del mondo
e ci invita a unire la
nostra visione del futuro a quella di altri. È anche un’e-
sperienza emotiva: significa essere testimoni della violen-
za che avviene nel mondo, e al contempo svelare che cicolpisce da vicino. La solidarietà può essere un luogo di
guarigione, un modo per partecipare rifiutandosi di rima-
nere in silenzio.
Ringrazio per l’opportunità di lettura, mi sento arricchita di nuovi strumenti per la riflessione. La mia opinione onesta è che bisognerebbe leggere Femminismo interrotto, poiché pone l’accento su discussioni importanti. Personalmente, ho gradito il dibattito sulle sex workers e mi sono trovata a concordare sulla necessità di cambiare lo sguardo. Un vecchio amico direbbe che bisogna sollevare il velo.